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Carnevale Storico di Pontestura

Già nel Medioevo, durante il Carnevale, si potevano impersonare re o potenti senza temere punizioni e tutto funzionava al contrario. A Pontestura il Carnevale e in particolare la fagiolata erano in uso già alla fine del XIX secolo. Per preparare la fagiolata gli organizzatori giravano per le strade del paese a raccogliere la materia prima, i fagioli, che venivano donati nei sacchetti e, data la carestia di quei tempi, si finiva quasi sempre per raccogliere merce al limite del commestibile. Così di sera nelle stalle le donne si radunavano per selezionarli e farli cuocere nelle grandi 'caudere', le grosse pentole di rame.
Le prime notizie certe risalgono agli anni Venti quando la fagiolata era gestita dalla squadra della 'Binda' composta dai coscritti del 1897, così chiamati per il loro vessillo fatto con strisce di tela colorata. La figura principale era quella del 'sindic dal carvà'. Costui era un personaggio che agiva come un vero padrone imitando il vero sindaco. Veniva anche definito il 'sindic d'la cà basa' per indicare la sua estrazione popolare, vale a dire proprietario di una modesta abitazione, a differenza del vero sindaco detto 'sindic d'la cà jauta', proprietario cioè di una magione più prestigiosa.
Il 'sindic' emanava provvedimenti: ecco quindi la tradizione della consegna delle chiavi del paese da parte del sindaco al sovrano del Carnevale.
Di questi provvedimenti a noi ne è giunto uno dalle nebbie del passato: nessuno doveva lavorare nei giorni del 'carvà', ma mio nonno ignorò tale ordine cosicchè di sera giunsero nella sua abitazione due persone vestite da gendarmi e, in presenza del 'sindic', dovette subire la punizione: mangiare senza sosta e senza bere una quantità spropositata di fagioli dopodiché scattava il perdono con la promessa di rispettare il provvedimento emanato.
Il 'sindic', alla fine dei festeggiamenti, pronunciava il discorso facendo una cronaca ironica dei fatti più significativi dell'anno. E anche a questo proposito ci è giunto il frammento di un'allocuzione tenuta in piazza. Si narra che un 'sindic' rimproverò un tizio scivolato nel Po tratto in salvo da alcuni barcaioli. In seguito a questo episodio il comune di Morano si lamentava con quello di Pontestura per l'improvviso calo delle acque mettendo in crisi le irrigazioni nei campi. Pontestura si scusava adducendo la colpa allo sventurato che, cadendo in acqua, ne aveva bevuta talmente tanta da creare l'incidente diplomatico.
Il primo carro da sfilata a Pontestura risale al 1923 quando esordì quello della reginetta Rita Romanello con le dame Pierina Gallone, Onorina Cattaneo e le sorelle Teresa ed Esterina Ferruti. Questo diede vita ad una nuova tradizione, quella di affiancare al sovrano una compagna. La regina veniva eletta al 'Verdi' durante il veglione di Capodanno e vinceva chi si aggiudicava più voti dalla vendita dei biglietti. Durante una di queste veglie un estroso personaggio conosciuto come 'Lino suchét' costruì un aereo colmo di caramelle mosso da funi scorrevoli attaccate al soffitto. A mezzanotte fu sganciato e, planando, scaricò il dolce carico sui convenuti. L'episodio impressionò molto tant'è che ancora oggi i più anziani ne parlano con ammirazione. Da qui la tradizione del lancio delle caramelle da parte del sovrano alla popolazione durante la sfilata di Carnevale.
Fu 'sindic' per qualche anno Giuseppe Villa, un corposo personaggio che si faceva portare per le vie su un piccolo carro addobbato con sacchi e stracci variopinti. Veniva chiamato il 'gentilbocca', virtù necessaria per assaporare i fagioli e dare il via alla distribuzione.
Tra le schegge dei ricordi che emergono dal passato vi è quella di un tale che impersonava un sapientone: siccome fu un anno in cui fillossera e peronospera avevano compromesso la vendemmia, lui ed alcuni amici avevano raccolto in due urne di vetro scarafaggi e insetti vari esponendoli sotto i portici. A tutti spiegava che quelli erano uno la peronospora e l'altro la fillossera. Il personaggio in questione era vestito di nero con un gran cappello da mago e, ai passanti incuriositi, si spacciava per il 'professoron alessandron bileton'. A tutti chiedeva di prendere un insetto con le mani dalle urne e di schiacciarlo sotto i piedi. Questo sarebbe servito a scongiurare la malattia nella prossima stagione. La sorpresa fu che dopo poco tempo il pavimento dei portici di Pontestura si era trasformato in un putrido tappeto di scarafaggi e insetti spiaccicati. Dovette intervenire il messo comunale per porre fine a questa ironica trovata. Seguirono gli anni della seconda guerra mondiale che interruppero questa tradizione.
Un nuovo personaggio è protagonista negli anni Cinquanta del Carnevale di Pontestura: Remo Marchisotti. Si distinse subito perché nei giorni di Carnevale aveva l'abitudine di 'puciare' (inzuppare) degli amaretti in un 'urinari' (brocca in ceramica o metallica con manico dove si urinava durante la notte) colmo di vino bianco. Lascio quindi ai lettori immaginarne il significato...
Remo, per onorare al meglio la festa, si proclamò Re con giacca rossa e pantaloni verdi. Non poteva mancare la corona ritagliata da un cartone e foderata di stagnola. Nacque così la figura di 'Re Fagiolo' ma la vera trovata fu un nuovo personaggio che poi diventò un punto fermo nella tradizione carnevalesca: la Regina. A differenza delle reginette degli anni Venti-Quaranta che erano più che altro Miss, e non divisero mai la scena nè la popolarità con i precedenti 'sindich', quella voluta dal Remo, invece, diventa protagonista, tiene discorsi, ed è sempre al suo fianco come una vera sposa. Quando 'Re Fagiolo' esordì con la sua idea ebbe al suo fianco ben due regine: Secondina Imerico e Rina Deregibus.
L'anno seguente un episodio segnò la memoria dei pontesturesi: esordì per le vie del paese un gruppo mascherato chiamato i 'simiun' (i gorilla); con una tuta ricoperta di rista colorata un grosso gorilla impersonato da 'papalin', Cesare Aletto, veniva portato su un carro rinchiuso in una grande gabbia che riusciva a rompere e fuggire gettando grande scompiglio tra la folla, terrorizzando anziani e bambini urlanti prontamente recuperati dalle madri anch'esse impaurite senza che si rendessero conto della finzione carnevalesca.
Per fortuna un energico domatore, Luigi Aletto, riusciva tra gli applausi generali a contenere l'esuberanza del bestione e portare tutto alla normalità.
Questa straordinaria trovata innescò la scintilla che, nel 1956, diede vita ai fantastici Carnevali che tutto il Monferrato ammirò tant'è che una troupe della Rai giunse a documentare l'evento. Nacque un comitato promotore, furono tracciati rigorosi confini tra i rioni, ognuno dei quali ebbe un caporione: Ugo Destefanis per San Giacomo; Enzo Romanello per piazza Castello; Eugenio Serrafero per Maranzana; Mario Cattaneo per Borgo Bozzolata; Giuseppe Ramezzana per Pizzaverino; Giuseppe Mongiano per il Ricreatorio. A rendere ancora più interessante la manifestazione il comitato ideò la stupenda maschera d'oro che spettava definitivamente al rione che si sarebbe aggiudicato per tre volte il primo premio.
Proprio per poterselo aggiudicare nei giorni del Carnevale s'innescavano vere e proprie faide verbali tra le donne dei rioni, entrava in atto in paese una lotta di spionaggio dove erano coinvolti anche i bambini che, con artifici psicologici o promesse di abbuffate di dolci, si chiedeva loro di trsformarsi in spie per captare i segreti e i soggetti dei carri rivali. Fu una lotta senza esclusione di colpi.
Pontestura e il suo Carnevale furono proiettati agli onori delle cronache. Una nota divertente fu la contesa tra due personaggi: Jack lo sfregiato, capo di un rione malandato (Ugo Destefanis) e Meo lo spremuto, capo del rione più temuto (Enzo Romanello). Si rispondevano in rima sui giornali locali. Piazza Castello, ad esempio, contestava a San Giacomo che un suo uomo (Lavazza) imbrattò alcune parti del carro nemico e viceversa che il 'cavagnà' di San Giacomo aiutò piazza Castello ad allestire il grande cesto con le damigelle. I carri di Pontestura sfilarono e vinsero a Casale e il 'Re Fagiolo' di umili origini tenne testa con le sue allocuzioni ai più eruditi e blasonati oratori della città.
Tutti i rioni raggiunsero con i propri carri dei livelli qualitativi oggi impensabili. Ricordo la biga romana trainata da due splendidi e giganteschi cavalli opera di Cesare Pastore di San Giacomo, la gigantesca balena di Bozzolata, le quattro stagioni di Maranzana e l'enorme cesto con all'interno le più avvenenti fanciulle di piazza Castello.
Tuttavia la sfrenata corsa per aggiudicarsi la maschera d'oro (dove sarà finita?) portò al declino questa fantastica manifestazione: pian piano un rione dopo l'altro cominciò a disertare il Carnevale.
Chi, invece, non mollò mai fu il Remo che con o senza carri nei giorni di festa indossava la divisa e, accompagnato dal fedele Manu con il suo 'birucin', tornava a rievocare lo spirito del Carnevale che sempre aleggiava per le vie del borgo. Seguirono anni in cui non si fecero più né la sfilata né la fagiolata finché, nel 1972, qualcuno azzardò un gruppo mascherato: patrizi e plebei. Nel 1973 fu la volta di 'Arrivano i pierini': fu un trionfo, era tornata la voglia del Carnevale.
Proprio per far fronte a questa rinascita nel 1974 si costituì la Pro Loco presieduta da Luigi Martinotti. Negli anni che seguirono grandissimi manifestazioni con oceaniche partecipazioni di persone e carri fatti in paese non più diviso in rioni bensì da gruppi, più affiatati e in grado di esprimere al meglio le loro ironiche idee.
Fece comparsa una straordinaria figura: il Ginetto. Faceva tutto da solo, creò personaggi a iosa tra cui l'esilarante bersagliere e il mitico Carmelo Boda, una grande maschera che sfilò per il paese sorretto da forconi e con una pala condotta dal Giuanun.
Il Remo teneva i suoi attesissimi discorsi e portava in piazza i pettegolezzi e le mancanze dell'amministrazione comunale finché, nel 1977, il Remo fu destituito dalla Pro Loco. Ci furono polemiche a non finire e iniziò una nuova era a cui toccò il difficile compito di cucire le ferite provocate da tale sconvolgimento. Dopo 'Re Fagiolo II' Pier Carlo Gabba, da allora quasi trenta dinastie si sono alternate ma, a molti anni dalla sua scomparsa, nel giorno del Carnevale aleggia un ilare fantasma, quello del più grande di tutti i re: il Remo.

Francesco Romanello da Il Monferrato del 09-02-2010.